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Palermo, per richiamo, dicono, del canonico Agrò, due certe gallinelle d’acqua.... già! due famosi galoppini al comando dell’alta mafia.... già! della famigerata banda massonica.... un tal Mattina, un tal Verònica....
— L’Agrò? — disse cupo don Ippolito Laurentano, che s’era impuntato a quel nome, senza più badare al resto. — Dunque l’Agrò vuole proprio scendere in piazza, senza alcun ritegno, senza alcun riguardo, nemmeno per l’abito che indossa?
— Eh! — tornò a sospirare don Lagàipa. — Superiore mio superiore.... ma dico ciò che si dice.... relata refero.... non manda giù, dicono, che non l’abbiano fatto vescovo al posto dei nostro Eccellentissimo monsignor Montoro. Crede di salvare le apparenze con.... con la scusa dell’antica amicizia che lo lega all’Auriti, ecco....
— Bell’amicizia, da gloriarsene! — brontolò il Laurentano. — Per un sacerdote!
— Ma l’Agrò.... — osservò don Illuminato. E non aggiunse altro. Chiuse gli occhi, tentennò il capo, emise un terzo sospiro: — Eh, si complica.... la faccenda si complica.... sì, dico.... si fa molto delicata....
— Per me? — saltò su a dire don Ippolito (e il lucido cranio gli s’infiammò). — Delicata per me? Sappia monsignor Montoro.... già dovrebbe saperlo; io non riconosco, non ho mai riconosciuto per nipote codesto Roberto Auriti garibaldesco. Non lo conosco neppur di vista: qua non è mai venuto, nè io del resto gli avrei fatto oltrepassar la soglia del mio cancello. Per ordine del suo Governo, egli, non invitato dalla cittadinanza, viene con la folle speranza di prendere il posto di Giacinto Fazello? Bene. Avrà ciò che si merita. Senza alcuna considerazione per