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lui comandava ben venticinque uomini (ohè, venticinque!) e bisognava vedere come li istruiva in tutti gli esercizii militari e come li faceva trottare. E poi.... Ma scusate, tutti i signoroni non tengono forse nelle loro terre una scorta di campieri in divisa? Veramente, ecco, dichiararsi campiere soltanto, scottava un po’ al povero Sciaralla, che “nasceva bene„ e aveva la patente di maestro elementare e di ginnastica. Tuttavia, a colorar così la cosa s’era piegato talvolta a malincuore, per non esser qualificato peggio. Campiere, sì.... campiere capo.

— Caporale?

— Capo! capo! Che c’entra caporale? Ammettete allora che sia milizia?

Di chi? come? e perchè vestita a quel modo? Sciaralla si stringeva ne le spalle, socchiudeva gli occhi, sospirava:

— Un’uniforme come un’altra.... Capriccio di Sua Eccellenza, che volete farci?

Con alcuni più crèduli, tal’altra, si lasciava andare a confidenze misteriose: che il Principe cioè, mal visto per le sue idee dal Governo italiano, il quale — figurarsi! — avrebbe alzato il fianco a saperlo morto assassinato o derubato senza pietà, avesse davvero bisogno, nella solitudine della campagna, di quella scorta, di cui egli, Sciaralla, indegnamente era capo. Restava però sempre da spiegare perchè quella scorta dovesse andar vestita di quell’uniforme odiosa.

— Boja, piuttosto! — s’era sentito più volte rispondere il povero Sciaralla, il quale allora pensava con un po’ di fiele quanto fosse facile al Principe il serbare con tanta dignità e tanta costanza quel fiero atteggiamento di protesta, rimanendo sempre chiuso entro i confini di Colimbètra, mentre a lui