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dalle tribune uno di questi giocattolini nell’aula del Parlamento!

D’improvviso s’era sentito prendere e predominar tutto da quest’idea.

Gli urli d’indignazione della piazza per la frode scoperta delle banche, e prima il sospetto e poi la certezza che anche zio Roberto col Selmi era coinvolto nello scandalo di quella frode, le notizie sempre più gravi che arrivavano dalla Sicilia, lo avevano deciso a cercare i mezzi e il modo d’attuare al più presto quell’idea. Tanto, ormai, era finita per lui! Se zio Giulio, partito a precipizio per Girgenti, non riusciva a ottenere dal fratello de la nonna il denaro, zio Roberto sarebbe tratto in arresto; e allora il crollo, il baratro.... Ah, ma prima! Sì, sì, questa sarebbe la giusta vendetta, questo lo sfogo di tutte le amarezze, che avevano attossicato la sua vita e quella de’ suoi; e a quei suoi compagni là, di Sicilia, cianciatori, avrebbe dimostrato che lui solo sapeva far quello, che loro tutti insieme non avrebbero mai saputo.

Ebbene, proprio in quel momento era capitata Celsina a Roma. Nel vedersela comparir dinanzi tutta accesa in volto e ridente nell’imbarazzo, aveva provato un fierissimo dispetto. Gli pareva ormai che nulla più potesse accadere, nulla più muoversi senza una sua spinta; che tutti dovessero stare al loro posto, immobili e come sospesi nell’attesa dell’atto grandioso e terribile ch’egli doveva compiere. Donde, come era venuta Celsina, se egli non aveva fatto nulla per farla venire? I denari di Lando.... già! quei denari negati a zio Roberto.... Il fascio di Girgenti.... Buffonate! E che rabbia nel veder Celsina accolta con tanta festa da quei Passalacqua, per i quali era la cosa più naturale del mondo che una ra-