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pezzo nella sala. Alcuni, e tra questi il Covazza, scapparono via, indignati. A un certo punto, uno, tutto spaurito, si cacciò zittendo e con le braccia levate nel crocchio ove più ferveva la contesa e annunziò:
— Signori miei, siamo spiati!
Tutti gli occhi si volsero alle due finestre.
Dietro la ringhiera del giardino due uomini stavano, difatti, a spiare, cercando di farsi riparo delle piante. Celsina Pigna guardò dalla finestra anche lei e, appena scorse quei due, diventò in volto di bragia.
— Ma no! — saltò a dire irresistibilmente. — Li conosco io.... Aspettano me.
Innanzi al vermiglio sorriso e agli occhi sfavillanti di lei, la contesa cadde, come se a nessuno paresse più possibile seguitarla, quando quel fior di giovinetta, a cui s’era fatto le viste di non badare, si poneva innanzi d’un tratto, quasi ad ammonire: — Ci sono io, finitela: sono aspettata!
Poco dopo, come tutti, tranne Lino Apes, furono andati via, Celsina si accostò a Lando Laurentano e gli domandò, alludendo a uno di quei due che stavan dietro la ringhiera ad aspettarla:
— Non lo conosce? È suo nipote....
— Mio nipote? — disse con meraviglia Lando, che ignorava affatto d’averne uno.
— Ma sì, Antonio Del Re, — affermò Celsina. — Figlio di sua cugina Anna, sorella del signor Roberto Auriti.
— Ah! — sclamò Lando. — E perchè non è entrato?
Celsina notò sul volto del Laurentano un improvviso turbamento subito dopo la domanda, e lo interpretò a suo modo, che egli cioè, sospettando qual-