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perchè siamo tutti nella natura eterna. Ma ciò non toglie, che noi oggi qua, dato il momento, non dobbiamo venire a una qualsiasi, magari illusoria conclusione. Io vi dico che questa s’impone, perchè altrimenti ci verranno da sè, senza la vostra guida illuminata e il vostro consenso, gli operai delle città, delle campagne, delle zolfare. E sarà cieco scompiglio, tumulto feroce, quando potrebbe essere movimento ordinato, premeditato, sicuro. Le conseguenze? Signori, usa prevederle chi non è nato a fare. Credete voi che ci sia ragione d’agire? Avvisiamo ai modi e ai mezzi. Tutta la Sicilia è ora senza milizie. Tre, quattro compagnie di fantaccini vi fan la comparsa dei gendarmi offembachiani, oggi qua, domani là, dove il bisogno li chiama. È contro ad essi, come voi dite, un intero, compatto esercito di lavoratori. Non c’è neanche bisogno d’armarlo; basterà disarmar quei pochi e si resta padroni del campo. No? Dite di no? Aspettate! Lasciatemi dire.... santo Dio, concludere!
Ma non potè più dire. Come i ranocchi quatti a musare all’orlo d’un pantano, se uno se ne spicca e dà un tonfo, tutti gli altri a due, a tre, tuffandosi, vi fanno un crepitìo via via più fitto; gli ascoltatori, incantati dapprima dall’arguto dire dell’Apes, cominciarono alla fine dietro un primo interruttore a interromperlo a due, a tre insieme, e quasi d’un subito, tra fautori e avversarii, schizzò da ogni parte violenta la contesa.
Di qua Lando Laurentano quasi pregava:
— Sì, ecco, se c’è da fare qualche cosa, amici....
Di là Bixio Bruno e Cataldo Sclàfani gridavano:
— No! no! Sarebbe una pazzia! Ma che! La rovina!
E sfide, invettive, proposte s’abbaruffarono per un