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dico il principe! Avrei chiamato principe il nostro amico riverito, ospite e compagno amatissimo? Non per cosa oh! ma egli sa di non salire, se lo chiamiamo principe, e sa che noi non vogliamo abbassarlo chiamandolo semplicemente Laurentano. Io alludo al principe suo padre; e Lando Laurentano non può offendersi delle parole mie. Se si offende, è minchione! Parlo io invece di lui, perchè egli sta a Roma, io sto in mezzo alle zolfare, e so che il progetto del signor Salvo non tende ad altro che ad ingraziarsi il figlio del Principe, facendogli vedere che gli stanno a cuore le sorti degli operai delle zolfare. Bubbole! Panzane! Polvere negli occhi! Sa meglio di me il signor Salvo che il suo progetto è una coglionatura! Sissignori, io parlo nudo, così. Se veramente vuol fare qualche cosa, tolga il signor Salvo dalle zolfare di sua proprietà le così dette botteghe, dove gli operai sono costretti a provvedersi con l’usura del cento per cento dei generi di prima necessità: vino, che è aceto; pane, che è pietra!

Spiridione Covazza domandò allora di parlare, e tutti si voltarono con viso ostile a guardarlo.

— Volete adesso difendere le botteghe? — lo apostrofò l’Ingrão.

Il Covazza non si voltò nemmeno.

— Vorrei sapere — disse piano — le idee generali di questo progetto.

— Vi dico che è una coglionatura! — tornò a gridare l’Ingrão.

Il Covazza tese una mano, senza scomporsi.

— Prego, disse, — urlare non è ragionare. Sono stato anch’io nelle zolfare; ho studiato attentamente le condizioni dell’industria zolfifera, le ragioni complesse della sua crisi; e vi so dire che, se