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e della quale sempre gli sarebbe rimasta nell’anima l’impressione orrenda. Ora, risorgendo da quel fondo, nel quale per un momento era scivolato, non gli sarebbe sembrato falso e vacuo e lercio tutto d’intorno? In ogni suo sentimento, in ogni idea, in ogni atto, in ogni parola, non sarebbe rimasto un segno, l’impronta di quel fango toccato?

Con gli occhi strizzati, i denti serrati e le labbra schiuse, aride e amare, si stropicciò forte le mani. Poi aprì gli occhi, guardò la stanza; si sentì soffocare, e andò a una finestra che dava sul giardino.

Ah, tutto, tutto così!... Tutto era vergogna in quel momento! La peste era nell’aria. La carcassa sociale si sfaceva tutta, e anche la sua anima, ogni suo pensiero, ogni sentimento... tutto in isfacelo, tutto insozzato....


Non conclude.


Tre giorni dopo, nella vasta sala della biblioteca erano adunati i compagni che dovevano recarsi al Congresso socialista di Reggio Emilia; i rappresentanti dei Fasci più numerosi dell’isola, invitati da Lando; alcuni deputati amici, quattro milanesi del Partito italiano dei lavoratori e Lino Apes.

Spiccava tra tanti uomini una giovinetta in giacchettino rosso e berretto nero a barca, con una penna di gallo ritta spavaldamente da un lato: Celsina Pigna, venuta invece di Luca Lizio a rappresentare il Fascio di Girgenti.

Nessuno voleva far le viste di meravigliarsene; ma ella s’accorgeva bene dei rapidi sguardi furtivi che tutti le lanciavano, in ispecie i meno giovani;