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tutti quei ragionamenti, tutte quelle idee giuste, tutte quelle cose sensate? Dentro di lui scattava, esasperata, una protesta: — No, no, non è questo! — senza che poi egli stesso sapesse dire che cosa dovesse essere in cambio. Ma tutto il resto, i guizzi, i lampi che gli s’accendevano nello spirito non erano esprimibili: sarebbe sembrato pazzo, se li avesse espressi. Ebbene, Lino Apes, Socrate, aveva questo: che sapeva esprimerli, ed era stimato saggio.
Riceveva da lui in quei giorni lettere su lettere, e ognuna con agro stile lo pressava ad accorrere in Sicilia. Tutti i galli nelle aje bruciate non avevano avuto mai così rossa e così erta la cresta, nè mai più spavaldo avevan lanciato nei campi il lor grido a salutare il nuovo sole, che per la prima volta, dopo una notte di secoli, sbadigliava nelle coscienze dei lavoratori. Coscienze? Per modo di dire. Alla chiesa avevano sostituito il Fascio; e aspettavan da questo tutti i miracoli impetrati invano da quella. Ma il fanatismo era al colmo: e dunque possibili i miracoli e facilissimo il còmpito dei taumaturghi. La piena stava per irrompere, e in un momento avrebbe potuto travolgere “le impure sedi del dominio borghese„ ora senza presidio di soldatesche. Bisognava accorrere e agire prima che la Sicilia fosse invasa militarmente e la reazione cominciasse.
Lando fremeva, ma non sapeva staccarsi da Roma in quel momento. Lo scandalo bancario era come una voragine di fuoco aperta innanzi al Parlamento nazionale: a una a una, uscendo di là, le putride carcasse del vecchio patriottismo vi sarebbero precipitate; e quel fuoco, divorandole, avrebbe purificato la patria. Lo spettacolo era allegro nella sua