Pagina:I vecchi e i giovani Vol. II Pirandello.djvu/61


— 55 —

con molto struggimento del direttore, che non osava di muovergli alcuna riprensione. Passava il resto della giornata sperperando nella conversazione l’inesauribile ricchezza delle idee, che, dopo un lungo giro, gli ritornavano appena appena riconoscibili, ciascuna col marchio della sciocchezza o della vanità di chi se le era appropriate. Era il suo discorso una fonte perenne di speciosissimi argomenti, da cui sprazzava a un tratto una luce nuova e strana che, inaspettatamente, rendeva tutto semplice e chiaro.

Lino Apes aveva più volte dimostrato a Lando Laurentano che, dicendosi socialista, egli mentiva con la più ingenua sincerità; si vedeva non qual era, ma quale avrebbe voluto essere. Il che, sosteneva lui, avviene a tutti, ed è la sorgente prima del ridicolo.

Socialista, un indisciplinato? socialista, un nemico, non di questo o di quell’ordine, ma dell’ordine in genere, d’ogni forma determinata? Socialista era per il momento: per quel tal momento di piena, a cui anelava. Mą la maggior parte dei socialisti, del resto, eran così, e poteva consolarsi, o piuttosto; provarne dispetto. A ogni modo, però, una specialità la avrebbe sempre avuta: quella d’esser ricco tra tanti consimili poveri e di farsi cavar sangue da tutti e da lui, Lino Apes, direttore della Nuova Età e privato ispettore delle scuole rurali dipendenti da S. E. il giovane principe di Laurentano.

Lando lo ascoltava con piacere. Tutto quello che gli altri dicevano lo lasciava scontento e insoddisfatto, come tutto quello che diceva lui stesso, pur riconoscendo che, sì, era spesso sensato. Riconosceva anche che tanti e tanti parlavano meglio di lui; ma che valevano poi tutte quelle parole,