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sposar di nuovo, alla sua età, e una di quella razza! Santo e santissimo non so chi e non so come, il padre di quello, vi dico, il padre di quello andò in chiesa ad assistere al Te Deum quando vostro nonno fu mandato in esilio! E lui, lui, questo don Flaminio Salvo.... Corpo di Dio, sapete che ho dovuto sopportarmelo per un mese a Valsanìa? Ah, che bracalone quel vostro zio don Cosmo! Doveva dire di no, con tanto d’occhi sbarrati! Come! — doveva dire. — Flaminio Salvo a Valsanìa? — Gnornò. Niente! Padronissimo. E sapete come sono stato io per un mese? Come una bestia che va cercando tutti i buchi e i bucherelli per nascondersi. Se lo vedevo.... sangue di.... per qua lo afferravo, vi dico, per la gola, e là, suona che ti suono, cazzotti dove coglievo coglievo! Sapete che quando mi piglia quel momentaccio, bestiale come sono.... Lasciamo andare! Questo don Flaminio Salvo, al quarantotto, che fece? ve lo dico io che fece, andò dritto filato a denunziare alla sbirraglia borbonica il luogo dove s’era nascosto don Stefano Auriti con vostra zia donna Caterina. Storia! E ora a Girgenti, qua, tutti i preti, qua li porta, in pianta di mano! Ma Dio, ah Dio l’ha castigato! La moglie, pazza! Peccato che la figlia.... quella, no: buona, la figlia; buona e bella.... Ma non vi venisse in mente, oh, di pigliarvela in moglie! Voi, caro mio, portate il nome di vostro nonno, ricordatevelo! E il nome di Gerlando Laurentano dev’essere per voi.... che dico? No, caro mio, non ridete.... di queste cose non dovete ridere davanti a me!

— Rido, — gli aveva risposto Lando, — perchè ha mandato un buon ambasciatore mio padre per persuadermi ad assistere alle sue nozze!

E Mauro, ponendo le mani avanti: