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Capitolo Secondo.
Nella gloria di Roma.
Da una ventina di giorni, tutti, anche quelli che andavan per via frettolosi e sopra pensiero, si voltavano, si fermavano a mirare un vecchiotto nodoso e ferrigno, con un piccolo zàino a le spalle, quattro medaglie sul petto e un cappellaccio nero, da cui scappava un arruffio di peli, i gialli cernecchi confusi col barbone lanoso, abbatuffolato. Camminava quel vecchiotto come in sogno, gli occhi lustri, ilari e lagrimosi, senz’alcun sospetto, della sua straordinaria apparizione per le vie e le piazze di Roma, con quel suo comico abbigliamento e la sua goffa aria nuova, di selvaggio intenerito.
Ma, lasciati a Valsanìa il berretto villoso, gli scarponi imbullettati e il fucile, indossato il vestito nuovo di panno turchino e, sotto alla ruvida camicia d’albagio violacea, un’altra camicia di tela, che gli sovrabbondava bianca e floscia dal collo e dallo maniche; con quel cappellaccio nero e le scarpe pulite, Mauro Mortara era sicuro d’essersi conciato come un pretto cittadino. La giacca, sì, aveva su i fianchi certi sgonfi.... ma le pistole, eh quelle aveva fatto voto di non lasciarle mai. Le quattro medaglie