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l’altro, s’era ribellato alla famiglia fervidamente devota ai Borboni; e non solo aveva sofferto persecuzioni, prigionia, esilio dal governo oppressore, ma anche la più iniqua vendetta da parte del padre: era stato diseredato a beneficio del fratello maggiore e de la sorella Teresa, moglie di don Ippolito Laurentano e madre di Lando.
E anche lei, già una volta, proprio per una picca, da un giorno all’altro, non s’era guastata col cugino Lando, che, vivendo in Palermo, allora, in casa dello zio Principe di Montalto, veniva di furto ad amoreggiar con lei, cuginetta eretica, figlia dello zio eretico, a cui quello (il Principe!) come per una limosina, della quale si dovesse vergognare, faceva passar sottomano un assegno appena appena decente?
E non aveva più voluto saperne! Aveva indotto il padre a lasciar Palermo per Roma, con la speranza che, allontanandolo dall’isola, in una più larga cerchia e meno oppressa da pregiudizii, egli avesse alla fine condisceso a lasciarle prender la via per cui il sangue materno la chiamava. Sua madre era stata un’attrice piemontese, conosciuta dal padre a Torino, durante l’esilio, e sposata colà. Il sangue, proprio il sangue, non l’esempio la chiamava, perchè la mamma ella non l’aveva conosciuta: era morta nel darla alla luce; e tutti, a Palermo, e più di tutti il padre, si eran sempre adoperati a non farle sapere ciò che la madre era stata. Ma un Montalto sul teatro? Orrore! E anche lei, sì, doveva riconoscerlo, provava tra sè e sè un certo segreto ribrezzo. Tuttavia, per lanciare una sfida, per far onta a quello zio là, che si vergognava finanche di mantenerli di nascosto, oh, non solo questo ribrezzo avrebbe saputo vincere facilmente, ma qualunque altro!