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Donna Giannetta dormiva, con un braccio ancora sul capo e l’altro proteso verso di lui, come per implorar misericordia.

— Gianna! — chiamò egli, ma non tanto forte, frenando la stizza e lo sdegno, come se al suo amor proprio dolesse che ella, destandosi a quel richiamo, dovesse riconoscere d’aver ceduto così presto al sonno, mentr’egli le parlava di cosa tanto grave. Riabbassò il capo e terminò a voce alta il discorso rimasto sospeso:

— Ti facesti l’illusione che.... sì, che avresti potuto facilmente adempiere ai tuoi doveri.

Donna Giannetta non si destò; anzi, pian piano l’altro braccio le scivolò dal capo, le cadde in grembo con pesante abbandono. Allora Francesco D’Atri sorse in piedi, fremente; fu lì lì per afferrarle quel braccio nudo proteso e scuoterglielo con estrema violenza, gridandole in faccia le ingiurie più crude. Ma la calma incosciente del sonno di lei, per quanto gli paresse spudorata e quasi una sfida, lo trattenne. Sembrava che ella, così giacente nel sonno, gli dicesse: “Guardami come son giovine e come son bella! Che pretendi, tu vecchio, da me?„

Ah, che pretendeva! Ma, di quella sua bellezza, che ne aveva fatto ella? e che ne stava facendo della sua gioventù? Scempio vergognoso! Sì, dandosi a lui, a un vecchio, dapprima! Ma egli almeno, quei tesori li avrebbe adorati con animo tremante e traboccante di gratitudine, come un premio divino! Ella, invece, con obbrobrioso disprezzo, con incosciente crudeltà, li aveva violati! E nulla più poteva ormai rifar sacre quella bellezza e quella gioventù così indegnamente profanate!

Scosse il capo, e uscì pian piano dalla camera.

Subito donna Giannetta balzò in piedi, sbuffando.