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soldati d’Italia, per la difesa comune, contro i nuovi nemici.
Divorò la via, tenendosi a pochi passi da quelle due compagnie, che a un certo punto, per l’avviso di alcuni messi incontrati lungo lo stradone, s’eran lanciate di corsa.
Quando, alla prima luce dell’alba, tutto inzaccherato da capo a piedi, trafelato, ebbro della corsa, stordito dalla stanchezza si cacciò coi soldati nel paese, non ebbe tempo di veder nulla, di pensare a nulla: travolto, tra una fitta sassaiuola, in uno scompiglio furibondo, ebbe come un guazzabuglio di impressioni così rapide e violente, da non poter nulla avvertire, altro che lo strappo spaventoso d’una fuga compatta, che si precipitava urlante; un rimbombo tremendo; uno stramazzo e....
La piazza, come schiantata e in fuga anch’essa dietro gli urli del popolo che la disertava, appena il fumo dei fucili si diradò nel livido smortume dell’alba, parve agli occhi dei soldati come trattenuta dal peso di cinque corpi inerti, sparsi qua e là.
Un bisogno strano, invincibile, obbligò il capitano a dare subito un comando qualunque, pur che fosse, ai suoi soldati. Quei cinque corpi rimasti là, traboccati sconciamente, in una orrenda immobilità, su la motriglia della piazza striata dall’impeto della fuga, erano alla vista d’una gravezza insopportabile. E un furiere e un caporale, al comando del capitano, si mossero sbigottiti per la piazza e si accostarono al primo di quei cinque cadaveri.
Il furiere si chinò e vide ch’esso, caduto con la faccia a terra, era armato come un brigante. Gli tolse il fucile da la spalla e, levando il braccio, lo mostrò al capitano; poi diede quel fucile al caporale, e si chinò di nuovo sul cadavere per prendergli