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— Certo! Bisognerà trovare anche i marinaj, — riconobbe il Costa, — e allestir la barca.... Prima di giorno non si farà a tempo.
— E allora, no! — gridò subito lo Sclàfani, rifacendosi avanti impetuosamente. — A Porto Empedocle, no, di giorno! Converrà imbarcarci qua!
— Intanto, io vado! — disse Leonardo Costa, che s’era già incappucciato.
— Povero amico! — gemette don Cosmo. — Ma proprio?...
Il Costa non volle sentir commiserazioni nè ringraziamenti e s’avventurò nella tenebra tempestosa.
Allorchè Lando seppe che costui era il padre di Aurelio Costa, barbaramente assassinato insieme con la moglie del deputato Capolino dai solfarai del Fascio d’Aragona, guardò cupamente l’Ingrào e gli altri compagni. Interpretando male quello sguardo, il Bruno manifestò, sebbene esitante, il sospetto, non si fosse quegli recato a Porto Empedocle per vendicarsi, denunziandoli. Don Cosmo allora, accomodando la bocca, emise il suo solito riso di tre oh! ohi oh!
— Quello? — disse; e spiegò il sentimento e la devozione del suo povero amico, il quale, facendo carico della morte del figliuolo soltanto a Flaminio Salvo, non pensava neppur lontanamente ai socii del Fascio d’Aragona.
— Oh, a proposito! — disse poi, colpito dal nome del Salvo, venutegli così per caso alle labbra. E si chiamò Lando in disparte per annunziargli la fuga di donna Adelaide.
— Come una ragazzina, capisci? Alle tre di notte!
Nel trambusto, era rimasto finora inavvertita la voce di donna Sara Alàimo che, credendo forse a una vera invasione di demonii in quella notte di