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don Cosmo e per donna Sara Alàimo. Si era lasciata scappar quella intorno al figlio del principe, perchè supponeva che Mauro già lo sapesse socialista e dovesse aver piacere conoscendo ch’era riuscito a fuggire.
L’ultima notizia che il Costa recò, nuova nuova, fu tra i lampi, il vento e la pioggia d’una serataccia infernale.
Mauro aveva apparecchiato da cena, in vece di donna Sara da due giorni a letto per una forte costipazione, e ora stava con don Cosmo nella sala da pranzo in attesa dell’ospite che, forse a causa del cattivo tempo, tardava a venire. Quell’attesa lo irritava, non tanto perchè avesse voglia di mangiare, quanto perchè temeva andasse a male la cena apparecchiata. Aveva fatto sempre ogni cosa con impegno, e tra i tanti ricordi che gli davano soddisfazione, c’era anche quello d’aver fatto “leccar le dita„ agli Inglesi, quand’era stato cuoco, prima a bordo e poi a Costantinopoli. Una delle ragioni del suo odio per donna Sara era appunto la gioja maligna manifestata più volte da questa per la pessima riuscita di qualche lezione di culinaria, che aveva voluto impartirle. Fuori d’esercizio e con l’animo sconvolto e distratto da tanti pensieri, si cimentava da due giorni con coraggio imperterrito nella confezione de’ più complicati intingoli, e avvelenava l’ospite e il povero don Cosmo.
— Come vi pare?
— Ah, un miele, — rispondeva questi, invariabilmente. — Forse, però, ho poco appetito.
— Al senso mio, — arrischiava il Costa, — mi pare che ci manchi un tantino di sale.
— O Marasantissima, — prorompeva Mauro, — ecco qua la saliera!