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pedir con gli altri vecchi superstiti la distruzione della patria.
Nel bujo, da un cauto di quel camerone, il malinconico leopardo imbalsamato, privo d’un occhio, non gli aveva potuto mostrare quanti ragnateli lo tenevano alla parete, quanta polvere fosse caduta sul suo pelo, maculato ormai anche, qua e là, da molte gromme di muffa! E Mauro Mortara era riuscito con occhi atroci, gonfii e rossi dal pianto, e per poco non era saltato addosso a don Cosmo che, passeggiando per il corridojo, s’era fermato stupito, dapprima, a mirarlo in quello stato, e aveva poi cercato di trattenerlo e di calmarlo.
— Se non sapessi che vostra madre fu una santa, direi che siete bastardo! — gli aveva gridato, quasi con le mani in faccia.
Don Cosmo non s’era scomposto, se non per sorridere mestamente, tentennando il capo, in segno di commiserazione; e gli aveva domandato dove volesse andare, contro chi combattere alla sua età.
Mauro se n’era scappato, senza dargli risposta. E veramente, giù, nella sua stanza a terreno, aveva cominciato a darsi attorno per la partenza. Alla sua età? Sangue della Madonna, che età? Si parlava d’età, a lui! Dove voleva andare? Non lo sapeva. Armato, pronto a qualunque cimento, sarebbe salito a Girgenti, a consigliarsi e accordarsi con gli altri veterani, con Marco Sala, col Celàuro, col Trigona, con Mattia Cangi, che certo come lui, se avevano ancora sangue nelle vene, dovevano sentire il bisogno d’armarsi e correre in difesa dell’opera comune. Se i nemici s’erano uniti, raccolti in fasci, perchè non potevano unirsi, raccogliersi in fascio anche loro, della vecchia guardia? I soldati non bastavano; bisognava dar loro man forte; sciogliere