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seguitasse a sorridere a quel modo, questi gli avesse risposto:

— Perchè?... Ah.... Perchè in questo momento sto pensando che Colimbètra ha, tra l’altro, la bella comodità, d’esser molto vicina al cimitero, sicchè voi tra poco, morendo, avrete l’insigne vantaggio d’esser seppellito a due passi da qui, senza attraversar la città, neanche da morto.

Ma gli sovvenne che il principe s’era fatto edificare nella stessa tenuta e propriamente nel boschetto d’aranci e di melograni attorno al bacino d’acqua che le dava il nome, un tumulo uguale a quello di Terone, e gli sorse una viva curiosità di andarlo a vedere. Appena potè, interruppe anche quel discorso e propose al cognato una giratina in quel boschetto.

Donna Adelaide approfittò di quel momento per spedire Pertichino di corsa a Girgenti a consegnare un biglietto all’onorevole deputato Ignazio Capolino: S. P. M. (sue pregiatissime mani).

Quando, sul far della sera, Flaminio Salvo rientrò in casa, nell’aprir l’uscio della stanza, ove di solito stava Dianella, guardata dalla vecchia governante e da una infermiera, ebbe la sorpresa di trovar la figliuola appesa al collo di Ninì De Vincentis, con gli occhi che le si scoprivano appena di su la spalla del giovane, ilari, sfavillanti di felicità, sotto i capelli scarmigliati, e le due mani aggrovigliate nella stretta.

— Dianella.... Dianella.... — la chiamò, con l’ansia nella voce, di saperla guarita.

Ma Ninì De Vincentis, piegando a stento il capo e mostrando il volto congestionato da un orgasmo atroce, gli rispose disperatamente:

— Mi chiama Aurelio....