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promettersi, sarebbe stato certamente a costo d’uno scandalo, dopo la nauseante amarezza di volgari spiegazioni. Ma si rischiarò alla vista di quel sorriso su le labbra del cognato. Lo interpretò nel senso che due uomini, com’essi erano, non potessero e non dovessero dare alcuna importanza alle lagrimucce facili, alle smaniette passeggere d’una donna, che la loro generosità maschile poteva e doveva senza stento compatire.
Sorrise allora anche lui, ma con mestizia, don Ippolito, stringendo la mano al cognato; e, seguitando a sorridere, gli parlò pacatamente, e in quel tono di superiorità maschile, del suo dispiacere per i dissapori sorti tra lui e la moglie, perchè tardava ancora.... eh, tardava purtroppo a stabilirsi l’accordo tra i loro sentimenti e i loro pensieri, non volendo ella intendere le ragioni per cui....
— Ma via, principe! — cercò d’interromperlo il Salvo.
— No no, — s’ostinò a dire don Ippolito. — Perchè io apprezzo moltissimo il sentimento da cui ella è mossa a chiedermi quel che non posso accordarle. Io partecipo, credutemi, con tutto il cuore, alla vostra sciagura, e....
— Ma se sarebbe, tra l’altro, inutile la sua presenza! — disse, per troncare il discorso, il Salvo.
E con gran sollievo d’entrambi, presero a parlar d’altro, cioè dei gravi avvenimenti del giorno. Se non che, allora, il principe restò sconcertato nel notare la permanenza di quel sorriso su le labbra del cognato, mentr’egli manifestava con tanto calore la sua indignazione, sia per le misure oltraggiose del governo, sia per la tracotanza popolare. Quale sarebbe stato il suo stupore se, interrompendosi all’improvviso e domandando a Flaminio Salvo perchè