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mente scollata, magnifica, alla governante. Ma il D’Atri le fe’ cenno di tacere. La bambina si era finalmente quietata.

Donna Giannetta allora con un lieve sbuffo di stanchezza s’avviò per la sua camera. Su la soglia si volse e disse al marito, quasi cantando:

— Oh, Giulio Auriti è di là.

Francesco D’Atri chinò il capo; le si avvicinò e le disse a voce bassa e grave, senza guardarla:

— Aspettami. Ho da parlarti.

— Discorso lungo? — domandò ella. — Oh Dio, domani.... non potresti domani? Temo d’esser troppo stanca e d’aver sonno. Mi sono orribilmente annojata.

— Mi farai il piacere d’aspettarmi; — insistette egli.

E andò allo scrittojo, ove lo attendeva l’Auriti.

Ah, come volentieri, adesso, avrebbe fatto a meno di veder quel giovine, a cui doveva dare una tremenda notizia! Se n’era già già dimenticato.... Si moveva, in quei giorni, dava ordini, istruzioni, imponeva a sè stesso atti, parole, risoluzioni, di cui subito dopo non riusciva più a veder bene la ragione, l’opportunità, lo scopo. Chiuse gli occhi e sospirò profondamente, con le ciglia gravate da un’oppressione tenebrosa. Aveva or ora detto alla moglie, che lo aspettasse, perchè doveva parlarle. Ma di che? a che scopo? E lui stesso, poc’anzi, aveva pregato il suo segretario d’avvertir l’Auriti, all’uscita dal teatro, che venisse su da lui, perchè aveva urgente bisogno di vederlo. Ma era necessario, sì, che quel povero giovine avesse al più presto notizia della orrenda sciagura che gli stava sopra. Non poteva comunicargliela altri che lui.

Sollevata la tenda dell’uscio e vedendolo, provò