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che gli schiacciava la volontà di liberarsene, e solo gli moveva ancora, inconsciamente, le dita, come dianzi, a far del male a un foglietto di carta. Ma tutte le cose, ormai, per lui, avevano il valore di quel foglietto di carta; e bisognava pur lasciare che le dita, almeno le dita facessero qualche cosa, da sè, poichè il fastidio le moveva. Se si fossero rivoltate e accanite anche contro di lui, le avrebbe lasciato fare, allo stesso modo....

— Davvero? E non fingeva l’incoscienza delle sue dita nel lacerar la lettera de la sorella, per poter dire a sè stessa che, anche allo stesso modo, aveva lacerato, dopo il suo ritorno a Girgenti, certe altre lettere, appena intraviste nei cassetti della scrivania o nel palchetto a casellario, che gli stava davanti? Certe lettere con la firma di Nicoletta Capolino?

Veramente, no: le immagini di Aurelio Costa e di Nicoletta Capolino non eran mai venute a piantarglisi di fronte, cosicchè egli potesse respingerle con un logico sorriso, dando le sue ragioni e facendo loro notare quelle che ad essi mancavano per perseguitarlo coi rimorsi. La persecuzione loro era più d’ogni altra irritante, perchè non appariva. Non appariva, per questa ragione certissima e solida e pesante come una pietra di sepoltura: che erano stati anch’essi, l’uno per il suo proprio accecamento, l’altra per un suo motivo particolarissimo, a volere quella loro morte.

Eppure.... Eppure, sotto a questa ragione che li seppelliva, che glieli rendeva invisibili, essi, in un modo ch’egli non avrebbe saputo definire, gli erano.... non presenti, no, mai; anzi costantemente assenti: ma con questa loro assenza, ecco, lo perseguitavano. Erano tutti e due di là, con Dianella, nell’assenza della sua ragione. Egli non li vedeva, ma pur li sen-