Pagina:I vecchi e i giovani Vol. II Pirandello.djvu/247


— 241 —


Lacerando....


Flaminio Salvo aveva stentato molto a decifrare la lettera de la sorella Adelaide, la cui scrittura, non soltanto per gli spropositi d’ortografia, quasi sempre illeggibile, pareva quella volta più che mai una furiosa raspatura di gallina.

Tutta un grido d’ajuto e di minaccia, quella lettera, tra imprecazioni ed esclamazioni disperate. Le aveva risposto brevemente e pacatamente, che presto sarebbe venuto a visitarla a Colimbètra, e che intanto stèsse tranquilla, come si conveniva a una donna della sua età e della sua condizione.

Un sorriso frigido gli era venuto alle labbra, sogguardando, dopo la lettura, quel foglietto di carta, che avrebbe voluto recargli ancora un dispiacere. Pian piano lo aveva ripiegato e s’era messo a lacerarlo lentamente, per lungo e per largo, in pezzetti sempre più piccoli, senza più badare a quello che faceva, caduto in un attonimento grave, d’uggia aggrondata; alla fine, aveva guardato sul piano della scrivania l’opera delle sue dita: tutto quel mucchietto di minuzzoli di carta.

Chi sa, se non aveva intanto sofferto, quel foglietto, a esser lacerato così, ridotto così, in tutti quei minuzzoli....

Gli era rimasto un bruciorino ai polpastrelli dell’indice e del pollice, che s’erano accaniti in quell’opera di distruzione, senza ch’egli la volesse; da sè, per il gusto di distruggere.

Ah, poter ridurre in minuzzoli, così, senza pensarci, la vita, tutta quanta: ripiegarla in quattro,