Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 239 — |
le spese dell’atto di vendita, e, forse, dal suo canto aveva ragione, perchè, dopo tutto, faceva un gran favore.... lui banchiere....
— Ah sì, un gran favore? un gran favore? — scattò furibondo Vincente. — Come per Primosole, è vero? un gran favore!
Don Jaco lo lasciò sfogare, in uno dei soliti atteggiamenti di santo martire; poi disse:
— Ma abbiate pazienza, don Tinuzzo mio! Che forse don Flaminio ha altri figliuoli, oltre quella già fidanzata a vostro fratello don Ninì? Non vedete che è tutta una finta, santo Dio? Domani si fa lo sposalizio e, gira e volta, alla fine tutto ritornerà qui!
— Tutto, eh? Bello.... facile.... liscio come l’olio.... — prese a dire Vincente, con furiosi inchini. — Lo sposalizio dei matti! Ma se è così, perchè don Flaminio si ricusa di pagar le spese dell’atto? Segno che non ci crede! Chi vi dice che questo matrimonio si farà? chi vi dice che....
— Don Tinuzzo! — lo interruppe quello. — Vostro fratello don Ninì è entrato, sì o no, in casa del Salvo? me l’invento io? Santo nome di Dio benedetto! Sono ormai parecchi giorni? Dunque, che vuol dire? Vuol dire che la ragazza ci sta! Ora volete che la paglia accanto al fuoco.... Del resto, oh! ecco qua don Ninì in persona.... Nessuno meglio di lui ve lo potrà dire.
Vincente corse innanzi al fratello, che entrava; gli s’accostò a petto, fremente; gli afferrò con le mani adunche le braccia, e alzò da un lato la faccia congestionata per sbirciarlo bene in volto, davvicino, con gli occhi miopi.
— Sì! guardatelo! — poi sghignò, allontanandosi e mostrandolo. — Vedete che faccia ha! Pare un morto, lo sposo!