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e seguitasse a farvi la calza sotto gli occhi del Padre Eterno, di cui sapeva dire dove e come stava seduto, insieme con Gesù Nostro Salvatore e la Bella Madre. Da tempo aveva preparato i capi di biancheria e la veste e le pianelle di panno e il fazzoletto di seta per comparire al Giudizio universale, sicurissima che il Giudice Supremo la avrebbe chiamata tra gli eletti, così tutta bella pulita e rassettata; e ogni sera faceva una speciale orazione a Santa Brigida, che doveva annunziarle in sogno, tre giorni prima, l’ora precisa della morte, perchè fosse pronta e in regola coi sagramenti.
Non si angustiava dunque di nulla; e per lei tutta quella costernazione di Vincente (ch’ella chiamava don Tinuzzo) era una fanciullaggine. La raffermava in questa opinione, non solo la fiducia in Dio, ma anche la fede incrollabile, che la ricchezza di quel casato non potesse aver mai fine. E seguitava a governare con l’antica abbondanza, per modo che tutte le poverelle del vicinato venissero a fin di tavola a spartirsi il superfluo e i resti del desinare, come al solito per tanti anni; e a tener provvista la dispensa d’ogni ben di Dio, e a preparare con le sue mani ai padroncini i rosolii e i dolci tradizionali, imparati alla badìa, il cùscusu di riso e pistacchi, i pesci dolci di pasta di mandorla, le pignoccate, e tutte le conserve e le cotognate e i frutti in giulebbe.
Forse, sì, qualche cosa raspava, sotto sotto, don Jaco Pacia, l’amministratore.
— Ma che? — domandava a Ninì, dopo qualche sfuriata del fratello maggiore. — Mollichelle, figlio mio, mollichelle!
Uomo di chiesa, anche lui, don Jaco Pacia, era mai possibile che rubasse come e quanto diceva don Tinuzzo? Ma se a lei don Jaco seguitava a dare