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non solo, ma la più rudimentale cultura, ogni coscienza?
Tutta, da cima a fondo, la tattica era sbagliata. Non una lotta di classe, impossibile in quelle condizioni, ma anzi l’accordo delle classi era da tentare, poichè in tutti gli ordini sociali in Sicilia era vivo e profondo il malcontento contro il governo italiano, per l’incuria sprezzante verso l’isola fin dal 1860.
Sì, da una parte il costume feudale, l’uso di trattar come bestie i contadini, e l’avarizia e l’usura, e dall’altra l’odio inveterato e feroce contro i signori e la sconfidenza assoluta nella giustizia, si paravano come ostacoli insormontabili all’impresa di quell’accordo. Ma se disperata poteva apparire questa impresa, forse men disperata si scopriva adesso quella che i suoi amici avevano voluto tentare, agevolati sul principio, inconsciamente e sciaguratamente, dall’inerzia del governo, che incoraggiava tutti a osare?
Il governo, affondato in quel momento a Roma fino alla gola nel pantano dello scandalo bancario, fiducioso qua in Sicilia nella sua polizia o inetta o arrogante e soverchiatrice, senza darsi cura dei mali che da tanti anni affliggevano l’isola, senza rispetto nè per la legge nè per le pubbliche libertà, con l’inerzia o con le provocazioni aveva favorito e stimolato il rapido formarsi di quelle associazioni proletarie che, se avessero sùbito ottenuto qualche miglioramento, anche lieve, dei patti colonici e minerarii, o se non fossero state sanguinosamente aizzate, presto, senz’alcun dubbio, si sarebbero sciolte da sè, prive com’erano d’ogni sentimento solidale, e senz’alcun lievito di coscienza, e senz’ombra d’idealità.
Questo, Lando Laurentano aveva compreso, ora,