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alcuni giorni, era sbarcato a Palermo con un intero corpo d’armata. Si diceva che per prima cosa costui aveva fatto arrestare i membri del Comitato centrale dei Fasci, i quali, la sera avanti, avevano lanciato un proclama rivoluzionario ai lavoratori dell’isola.
— Sì, sì, eccolo.... l’ho qua in tasca.... è vero! è vero! — disse uno, misteriosamente. — Or ora, fuori, lo leggeremo....
Ma a frastornare e ad accrescere la curiosità ansiosa di quel crocchio, sopraggiunse in quel punto nella sala, più pallido del solito e anelante, il giovane segretario del vescovo, che recava evidentemente la conferma di quelle gravissime notizie.
Si affollarono tutti attorno alla tavola.
— Proclamato?
— Sì, sì, lo stato d’assedio, proclamato; e ordinato il disarmo della popolazione.
— Anche il disarmo? Oh bene.... bene....
— E arrestati i membri del Comitato centrale dei Fasci, in Palermo.
— Tutti?
— Non tutti; alcuni sono riusciti a fuggire. Tra questi, si dice, anche il figlio del principe di Laurentano.
— Oh Dio, che sento! — gemette il vescovo. — Già.... c’era anche lui!... Fuggito? Fuggito?
La notizia non era certa: molti asserivano che anche il Laurentano era stato arrestato. Subito, del resto, tutta la Sicilia sarebbe occupata militarmente, fin nelle più piccole borgate, cosicchè anche quei fuggiaschi sarebbero presi e tratti in arresto.
— Oh Dio, che sento! oh Dio, che sento! — riprese a esclamare Monsignore. — Ma dunque.... siamo davvero a questo?
Di nascosto, dalla tasca di quel giovine prelato