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vece di mostrarsi così avverso a coloro che “osavano attentare all’antica rigidità del diritto quiritario„.

Tanto più s’affliggevano del tono di quella pastorale del loro vescovo, in quanto che, proprio il giorno avanti, in difesa dei poveri Pompeo Agro aveva pubblicato un fiero opuscolo, nel quale, dopo aver paragonato le condizioni della Sicilia a quelle dell’Irlanda, e messo in rilievo il linguaggio e l’atteggiamento assunti da illustri prelati cattolici, inglesi e americani, nelle questioni economiche e sociali del momento, aveva — quasi per sfida — citato l’insolente risposta del reverendo Mac Glynn, curato cattolico di New— York, all’invito del suo vescovo, di moderare la propaganda rivoluzionaria: — “Ho sempre insegnato, Monsignore, e sempre insegnerò, fino all’ultimo respiro, che la terra è di diritto proprietà comune del popolo, e che il diritto di proprietà individuale sul suolo è opposto alla giustizia naturale, quantunque sancito dalle leggi civili e religiose!„

Era quell’opuscolo dell’Agro tutto un’acerba requisitoria contro l’ignoranza e l’accidia del clero siciliano. Ed ecco che, a un giorno di distanza, quella pastorale del loro vescovo veniva a darne la prova più chiara.

Altri in crocchio si consigliavano, se non fosse prudente mandare più tardi, in segreto, qualcuno dei vecchi più accetti a Monsignore, per fargli notare a quattr’occhi anche l’inopportunità di quella pastorale, ora che in paese correva la voce che, per l’imperversare ovunque della bufera, fosse imminente se non di già avvenuta, la proclamazione dello stato d’assedio in tutta la Sicilia, Si faceva anzi il nome d’un generale dell’esercito, nominato commissario straordinario, con pieni poteri; quello stesso che, da