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descrivere il viaggio delle tre vergini Bassa, Paola e Agatonica, che avevano recato per mare da Roma il corpo della santa martire dell’imperator Valeriano. Non era dubbio che le tre vergini fossero approdate col corpo della santa alla spiaggia agrigentina, in un luogo detto Lithos in greco, e Petra in latino, quello stesso oggi chiamato Petra Patella, o Punta Bianca. Orbene, nell’antico agiografo si leggeva che, al momento dell’approdo delle tre vergini, un monaco che usciva dal monastero di Santo Stefano nel villaggio di Tyro, presso l’emporio, avviato ad Agrigento, si era fermato, attratto dal soave odore, che emanava dal corpo della santa, ed era poi corso alla città ad annunziare quel prodigio al vescovo San Gregorio. Se, come volevano i vecchi e nuovi topografi, l’emporio era alla foce dell’Hypsas, e dunque pur lì il vicus di Tyro e il monastero di Santo Stefano, come mai quel monaco, avviato ad Agrigento, s’era potuto imbattere a Punta Bianca nelle tre vergini che approdavano col corpo della santa martire? Era del tutto inammissibile. Il monastero di Santo Stefano di Tyro doveva esser lì, presso Punta Bianca, e dunque pur lì l’emporio. E la prova più convincente era nel nome di quel villaggio, uguale a quello della grande città fenicia: Tyro. Questo nome, probabilmente, lo avevano dato i Cartaginesi al tempo del loro attivo commercio con gli Akragantini, e tale per qualche monte, che doveva sorgere presso il villagio: tur, difatti, in fenicio significa il monte. Ne sorgeva forse qualcuno presso la foce dell’Hypsas? No; il monte, designato anzi, come per antonomasia, il Monte Grande, sorge là appunto, presso Punta Bianca, e domina la Cala della Junca.
Don Ippolito, quella mattina, per tempissimo, s’era