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sicchè ella, perduta ogni speranza nell’ajuto del fratello e vedendosi condannata a struggersi lì nel dispetto e nella noja, non vedesse più altro scampo che in lui, e trovasse nella disperazione il coraggio della fuga.

Questi pensieri e ricordi e propositi rivolgeva in sè Capolino, scendendo da Girgenti a Colimbètra in vettura. Ma non gli suscitavano dentro nè ansia, nè calore. Avvertiva anzi una frigidità nauseosa, come se la vita gli si fosse rassegata; sentiva che quella sua vendetta era per cose che restavano indietro nel tempo, irrevocabili, e già morte nel cuore, e che però non ne avrebbe avuto nè gioja, nè promessa di bene per l’avvenire. Egli vendicava uno che, un giorno, era stato respinto da Adelaide Salvo; ma era più egli quell’uno? Tante cose non avrebbero dovuto accadere, che pur troppo erano accadute, e di cui sentiva in sè, nel cuore, il peso morto, perchè egli avesse ora qualche gioja della sua vendetta. E appunto tutte queste cose morte gliela rendevano così facile. Ecco perchè sentiva quella frigidità nauseosa. In Nicoletta Spoto aveva potuto trovare un certo compenso, un rinfranco alla nausea della sua abiezione; per quella e con quella, valeva quasi la pena d’esser vile.... Ma suscitare adesso un nuovo scandalo, fare un affronto a un uomo come don Ippolito Laurentano, per Adelaide Salvo.... Porse, però, in fin dei conti, sarebbe stato un sollievo per don Ippolito portargli via quella moglie! Sul momento, l’amor proprio ne avrebbe un po’ sofferto; ma non era male, che a lui, così favorito sempre dalla sorte, bello, nobile, ricco, che aveva potuto prendersi il gusto e la soddisfazione di tener sempre alta la fronte, con tanta dignità e tanta fierezza, la sorte stessa, ora, all’ultimo, con la mano di lui Capolino,