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— E c’è anche questo, signor Deputato! — proruppe Annicchia, non riuscendo più a trattenere le lagrime, — che nostra sorella, signor Deputato, quando sono venute le guardie ad arrestare il marito e nostro padre, aveva il bambinello attaccato al petto. Le si è attossicato il latte, signor Deputato; e ora il bambino sta morendo, e non sappiamo come curarlo; e nostra sorella pare impazzita per il figlioletto che le muore, col padre in carcere! Siamo rimaste cinque sorelle in casa; ci volgiamo da tutte le parti e non sappiamo che ajuto darle.... Per questo siamo venute qua, a supplicarla, signor Deputato!

Capolino s’alzò, come sospinto dalla commozione.

— Vedrò.... vedrò — disse — di fare qualche cosa.... Datemi un po’ di tempo.... Bisogna che veda.... per la mia.... dico, per la mia responsabilità politica.... Il cuore, ve l’ho detto, è una cosa; la politica, un’altra.... Ma vedrò.... non m’impegno.... vedrò di fare qualche cosa per voi, non dubitate.... Quietatevi, quietatevi.... e coraggio, figliuole mie, coraggio! È un momento orribile per tutti, credete.... e nessuno riesce a vederci uno scampo nessuno!

Le accompagnò, così dicendo, fino alla saletta d’ingresso; non volle scuse nè ringraziamenti; richiuse pian piano la porta alle loro spalle.

Pur senz’alcuna fiducia in quella vaga promessa d’ajuto, le due sorelle, appena uscite su la via, provarono un certo sollievo per il passo che avevano fatto, una certa ebbrezza, una certa gioja d’aver saputo parlare, per cui si sentirono alquanto rinfrancate. Ma presto, pensando al luogo ov’erano avviate, ricaddero nel cupo cordoglio, nell’avvilimento d’una vergogna scottante.

Si recavano alla Posta a riscuotere un po’ di de-