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— Vossignoria.... ma come! — disse Annicchia, con le mani giunte. — Se Vossignoria ha avuto.... se a Vossignoria....

— Tanto più! Tanto più! — troncò Capolino. — Diranno: — Ecco, vedete che c’è l’accordo? Il cuore è una cosa; la politica, un’altra! Viene lui, lui stesso, a intercedere per gli arrestati.... Così diranno!

Le due sorelle restarono smarrite, oppresse.

— E come si può credere una tal cosa?... — domandò Mita.

— Ma non la credono affatto! — rispose, con un sorriso di sdegno. Capolino. — Fingono di credere! È la loro scusa. E io, andando, voi lo capite, farei il loro giuoco, senza ottener nulla per voi. È proprio così! Anche nel 1866, che voi altre non eravate neppur nate, la sommossa popolare, a causa delle iniquità politiche e amministrative, fu addebitata a questo capro espiatorio del partito clericale. È la scusa più comoda, pei governanti, e di sicuro effetto!

Le due sorelle rimasero un pezzo in silenzio, assorte, quasi a veder la speranza, che le aveva condotte lì, rintanarsi nella pena, cacciata da una ragione inattesa, che non riuscivano a intendere chiaramente.

— C’eravamo figurate, — disse poi Mita, — che se Vossignoria avesse detto una parola.... non solo di fronte all’autorità.... ma anche per il paese.... Viviamo del lavoro, che facciamo noi due, io e questa mia sorella.... Nessuno ce ne vuol dare più, adesso, perchè tutti, per quest’arresto, credono che nostro padre e nostro cognato siano complici nel fatto, che giustamente ha indignato tutto il paese.... Ora, se Vossignoria, che è stato più di tutti offeso, dice una parola.... l’innocenza....