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cosa stava a far lì, lei? No, no, no; voleva andar via, scappare, fuggire, o sarebbe anch’essa impazzita!

Decise di scrivere al fratello, scongiurandolo di venir subito subito a riprendersela, a liberarla da quella galera, o con le buone o con le cattive.


Due scialli neri.


Lieto della chiamata del principe di Laurentano, Ignazio Capolino si disponeva a scendere a Colimbètra, quando nella saletta d’ingresso udì la vecchia serva respingere sgarbatamente qualcuno, che chiedeva di lui.

Si fece avanti, sporse il capo a guardare, vide due donne vestite di nero, con uno scialle pur nero in capo, stretto attorno al viso pallido e smunto.

Erano le due figliuole del Pigna, Mita e Annicchia.

Capolino, come intese il nome, le fece entrare nel salotto e, dopo averle costrette a sedere, domandò loro che cosa desiderassero.

Per pudore della loro miseria, por sostenere con dignità il cordoglio, resistevano entrambe alla commozione irrompente. Lo sforzo che facevano per non piangere, intanto, e la suggezione, impedivano loro la voce. E tutte e due stropicciavano forte, sotto lo scialle nero, il pollice della mano sinistra sulla costa dell’ultima falange dell’indice, ottusa, incallita, annerita e bucherata dall’assiduo passaggio dell’ago e del filo, quasi che soltanto nella sensibilità perduta di quel dito potessero trovar la forza e il coraggio di parlare.

Alla fine, Mita, levando appena gli occhi offuscati, riuscì a dire: