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uno stato, vi assicuro, che faceva pietà. Si mise a piangere, a piangere perdutamente, e mi pregò, mi scongiurò di dire a don Flaminio, che si fidasse di lui e lo mettesse accanto alla ragazza, che egli col suo amore, con la sua calda pietà insistente sperava di scuoterla, di richiamarla alla ragione, alla vita. Ebbene, che ne dite?

— Magari! — esclamò donna Adelaide. — E Flaminio? Flaminio?

— Ho fatto subito, jeri mattina, l’ambasciata, — rispose Monsignore. — E don Flaminio, che conosce il cuore, la gentilezza e l’onestà illibata del giovine, ha accettato la proposta, promettendo al De Vincentis, che la figliuola sarà sua, se farà il miracolo di guarirla. Ora il giovine è lì, presso la povera figliuola. Lasciamola stare, donna Adelaide, e preghiamo Iddio insieme, che il miracolo si compia!

Con questa esortazione, Monsignor Montoro tolse commiato. Per le scale disse a don Ippolito, che aveva in animo di mandare una pastorale ai fedeli della diocesi, e che fra qualche giorno sarebbe venuto a fargliela sentire, prima di mandarla. Don Ippolito aprì le braccia e, appena il vescovo partì con la vettura, andò a rinchiudersi nelle sale del Museo.

Donna Adelaide rimase a piangere, prima di tenerezza per quell’atto del povero Ninì, tanto buono, poi per disperazione, poichè sapeva purtroppo in che conto la nipote tenesse un tempo quel giovine. Forse, se anche lei avesse potuto esserle accanto, a persuaderla.... chi sa!

E cominciò a fremere di nuovo e a struggersi tra le smanie e a sentirsi divorata dalla rabbia per quella barbarie del Principe, che la costringeva a star lì. E perchè, poi? che cosa rappresentava, che