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— Chi? — gridò don Ippolito, volgendosi di scatto, col volto scolorito dall’ira. — Non lo sapete ancora? Monsignore, non ha posto lei chiaramente i patti di queste mie nuove nozze sciagurate? Come non sa ancora costei chi ci proibisce di uscire di qui?

— Ma in un caso come questo! — gemette donna Adelaide. — Vado io sola! Egli può restare! Santo Dio, ci vuole un po’ di cuore, anche, ci vuole!

Monsignor Montoro la supplicò con le mani di tacere, d’usar prudenza. Don Ippolito si portò e si premette forte le mani sul volto, a lungo; poi mostrando un’aria al tutto cangiata, di profonda amarezza, di profondo avvilimento, disse:

— Cerchi, Monsignore, procuri d’indurre mio cognato a portar qui la figliuola, presso la zia. Forse la quiete, la novità del luogo le potranno far bene.

— Ah, qui? davvero qui? Ah, se viene qui.... — proruppe allora con furia di giubilo donna Adelaide, dimenandosi, quasi ballando su la seggiola. — Sì, sì, sì, Monsignore mio. Sente? lo dice lui! La faccia venire qui, Monsignore, subito subito, qui, la figliuola mia!

Lieto della concessione, Monsignore parò le candide mani paffute ad arrestar quella furia:

— Aspettate.... permettete? Ecco.... vi devo dire.... oh, una cosa che mi ha tanto, tanto intenerito.... Qua, sì.... ma aspettate.... vedrete che è meglio lasciare per ora a Girgenti la povera figliuola.... Aspettate: forse abbiamo un mezzo per guarirla. Sì, ecco, l’altro jersera, sapete chi è venuto a trovarmi al Vescovado? Il De Vincentis, quel povero Ninì De Vincentis, innamorato da lungo tempo della ragazza, lo sapete. Caro giovine! Oh se l’aveste veduto! In