Pagina:I vecchi e i giovani Vol. II Pirandello.djvu/204


— 198 —


— Anche quelle, però, del re e della regina, don Ippolito, — gli fece osservare amaramente Monsignore.

— Per disarmare i soldati, queste! — rispose pronto don Ippolito. — Il segno, che l’animo del popolo è ancora nostro, è in quelle! è chiaro in quelle! Sa che mio figlio è in Sicilia?

Monsignore chinò più volte il capo con mesta gravità, credendo che il principe gli avesse fatto quella domanda per chiamarlo a parte d’un dispiacere.

— Ha viaggiato insieme con don Flaminio, — aggiunse con un sospiro, — e con la povera figliuola.

Donna Adelaide ruppe in nuovi e più forti singhiozzi. Don Ippolito pestò un piede rabbiosamente.

— Bisogna vincere i proprii dolori, — disse con fierezza, — e guardar oltre! Saper vivere per qualche cosa che stia sopra alle nostre miserie quotidiane e a tutte le afflizioni che ci procaccia la vita! Io ho scritto a mio figlio, Monsignore, e ho fatto anche chiamare il Capolino per proporgli d’andare ad abboccarsi con lui, se fosse possibile venire a qualche intesa....

— Ma come, don Ippolito? — esclamò, con stupore e afflizione, Monsignore. — Con quelli che gli hanno or ora assassinato barbaramente la moglie?

Don Ippolito tornò a pestare un piede sul tappeto, strinse e scosse le pugna, e col volto levato e atteggiato di sdegno, fremette:

— Schiavitù! schiavitù! schiavitù! Ah se io non fossi inchiodato qui!

— Ma che siamo sbanditi? davvero sbanditi? — domandò allora tra le lagrime, donna Adelaide, rivolta al vescovo. — Chi ci proibisce d’uscire di qui, d’andare dove ci pare, Monsignore?