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mende coliche e disturbi viscerali d’ogni genere, per cui, nel bel mezzo d’uno svago o d’un passatempo concertato con capitan Sciaralla per distrarre la principessa, si faceva in volto di mille colori e alla fine doveva scappare, non è a dire con quanta sofferenza della sua dignità, per quanto ormai intisichita.

Ma donna Adelaide ne gongolava. Non potendo nulla contro quella del principe suo marito, per vendetta s’era gettata a fare strazio d’ogni dignità mascolina, che le si parasse davanti: anche di quella di Sciaralla il capitano. Aveva trovato per caso tra le carte della scrivania, nella stanza del segretario Lisi Préola, una vecchia poesia manoscritta contro il capitano, dove tra l’altro era detto:

                              Dimmi, corri, Sciarallino,
                              all’assalto d’un molino?
                              od a caccia di lumache
                              vai così di buon mattino,
                              con codeste rosse brache
                              e il giubbon chiaro turchino,
                              Sciarallino, Sciarallino?

E un giorno, ch’era piovuto a dirotto, appena cessata la pioggia, era scesa nello spiazzo sotto il corpo di guardia, dove “i militari„ facevano le esercitazioni, e chiamando misteriosamente in disparte capitan Sciaralla, gli aveva ordinato di mandare i suoi uomini, con la zappetta in una mano e un corbellino nell’altra, in cerca di babbaluceddi, ossia delle lumachelle, che dopo quell’acquata dovevano essere schiumate dalla terra.

Il povero capitano, a quell’ordine, era rimasto basito.

Come dare militarmente un siffatto comando a’