Pagina:I vecchi e i giovani Vol. II Pirandello.djvu/19


— 13 —

nulla, non sapeva dove voltarsi prima; niente gli piaceva; ma, a muoversi per un verso o per l’altro, temeva di far dispiacere a questo o a quello dei suoi crudeli padroni; e ogni risoluzione, anche lieve, gli costava pena e fatica.

Vedeva purtroppo in qual gineprajo si fosse cacciato, contro ogni sua voglia; e non trovava più modo a uscirne.

Tutto a soqquadro, tutto! Qua a Roma, l’abbaruffìo osceno d’una enorme frode scellerata; in Sicilia, un fermento di rivolta. Tra gli urli delle passioni più abiette, scatenatesi nello sfacelo della coscienza nazionale, non si era quasi avvertito un rombo di fucilate lontane, prima scarica d’una terribile tempesta che s’addensava con spaventosa rapidità. Una sola voce si era levata nel Parlamento a porre innanzi al Governo lo spettro sanguinoso di alcuni contadini massacrati in Sicilia, a Caltavuturo; ad agitare innanzi a tutti con fiera minaccia il pericolo, non si radicasse nel paese la credenza perniciosa che si potessero impunemente colpire i miseri e si salvassero i barattieri rifugiati a Montecitorio.

Sì, aveva esposto la verità dei fatti quel deputato siciliano: quei contadini di Sicilia, trovando nella rabbia per l’ingiustizia altrui il coraggio di affermare con violenza un loro diritto, si eran recati a zappare le terre demaniali usurpate dai maggiorenti del paese, amministratori ladri dei beni patrimoniali del Comune: intimoriti dall’intervento de’ soldati, avevan sospeso il lavoro ed erano accorsi a reclamare al Municipio la divisione di quelle terre; assente il capo, si era affacciato al balcone un subalterno che, per allontanare il tumulto, li aveva consigliati di ritornar pure a zappare; ma per via la folla aveva trovato il passo ingombro dalla milizia rinforzata;