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rimasto vuoto, sospeso in una tetraggine attonita, spaventevole; e non ricordava più nulla, dove fosse andato, che avesse fatto, corno e dove avesse passato la notte, se proprio la notte, una notte fosse passata. Non rispondeva a nessuna domanda; forse non udiva. Vedere, vedeva; stava per lo meno a guardare; ma la ragione non vedeva più, la ragione degli aspetti delle cose e degli atti degli uomini....

Non si era già opposto al suo ritorno in Sicilia; ma a muoversi da sè dal luogo ove i piedi lo avevano condotto e la stanchezza accasciato. Si era mosso, allorchè Mauro lo aveva strappato per il petto; ma senza udir nulla di quanto quegli gli aveva detto della nonna e della mamma. Il Passalacqua e Celsina lo avevano accompagnato, la mattina, al villino di Lando; prima di partire aveva veduto Celsina sorridere a Ciccino Vella, accettarne il braccio, montare in carrozza con lui e col Passalacqua: tutto questo aveva veduto, e più là, col pensiero; e nulla, più nulla gli s’era rimosso dentro.

Quando, passato lo stretto di Messina, Lando Laurentano scese dal treno per proseguire su un altro alla volta di Palermo, Flaminio Salvo provò una certa costernazione al pensiero di restar solo nella vettura, per un’intera giornata, fino a Girgenti, con quel giovine a lui ignoto, che due giorni avanti aveva levato il pugnale per uccidere il Selmi, e che ora gli teneva gli occhi addosso con tanta fissità di sguardo, tra il torvo e l’insensato.

Ecco qua, con tre pazzi egli viaggiava; e forse non men pazzo di questi tre era quello or ora sceso dal treno con l’intenzione di mettere a soqquadro tutta l’isola! Lui solo, dunque, per terribile condanna, doveva serbare intatto il privilegio di non aver minimamente velata, offuscata, nè per