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gnanima generosità; e Capolino si sentì levato d’un cubito sopra sè stesso.
— Forse mi vedrò costretto — soggiunse con triste gravità — a restituirvi il mandato, di cui avete voluto onorarmi.
— No! no! che c’entra questo? E perchè? — protestarono alcuni.
Capolino, sorridendo mestamente, levò le mani ad arrestare quell’affettuosa protesta:
— La condizione mia, — disse. — Considerate. Potrei più aver rapporti, non dico di parentela o d’amicizia, ma pur soltanto d’interessi con Flaminio Salvo? No, certo. E allora? Devo provvedere a me stesso, signori miei, mentre il mandato che ho da voi, esige un’assoluta indipendenza, quella appunto che avevo per i miei uffici nel banco del Salvo. Ora.... ora bisognerà che mi raccolga a pensar seriamente ai casi miei. Non son cose da decidere così su due piedi e in questo momento....
— Ma sì! ma sì! — ripresero quelli a confortarlo a coro. — Questi sono affari privati! La rappresentanza politica....
— Eh eh....
— Ma che! non c’entra....
— Altra cosa....
— E poi, per ora....
— Per ora, — disse, — mi basta, miei cari, di avervi dimostrato questo: che sono pronto a tutto, e che guardo le cose e la mia stessa sciagura con animo equo e, per quanto mi è possibile, sereno. Grazie, intanto, a tutti, amici miei.
Più tardi, recatosi al Vescovado a visitar Monsignore, ebbe da questo tali notizie su don Ippolito Laurentano e donna Adelaide, che stimò da abbandonare senz’altro il piano dapprima architettato, e