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parlare di questo solenne attestato di condoglianza e di simpatia dell’intera cittadinanza; oltrechè, in tanti animi che, per la commozione del tragico avvenimento, eran come un terreno ben rimosso e preparato, poteva intanto seminar odio per il Salvo, così senza parere.

— Non me ne parlate, per carità! — protestava, alterandosi in viso al minimo accenno. — Dovrei dir cose, cose che.... no, niente; per carità, non mi fate parlare....

E se qualcuno, esitante, insisteva:

— Quella povera figliuola....

— La figliuola? — scattava. — Ah, sì, povera, povera vittima anche lei! Non sopra tutte le altre, però, certo!... Per carità, non mi fate palliare....

Quando, in un buon momento, chè il salotto era pieno zeppo di gente, entrò il D’Ambrosio, quello che gli aveva fatto da testimonio nel duello col Verònica, e che era lontano parente di Nicoletta Spoto, avvenne una scena che, neanche se Capolino la avesse preparata apposta, gli sarebbe riuscita più efficace e favorevole.

Il D’Ambrosio entrò, soffocato dall’emozione, e con le braccia protese. In piedi, tutti e due si abbracciarono in mezzo alla stanza, si tennero stretti un pezzo piangendo forte. Forte, con la sua abituale irruenza, parlò il D’Ambrosio, staccandosi dall’abbraccio:

— Dicono tutti qua, che Nicoletta mia cugina era la ganza di quell’imbecille del Costa: è vero? tu puoi dirlo meglio di tutti: è vero?

Sbigottiti, gli astanti si volsero a guatare il Capolino.

Questi cadde a sedere, come trafitto, su la poltrona, con le braccia abbandonate su le gambe, e