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mente non doveva piangerla.... Così, così in segreto; anche perchè quel pianto gli faceva bene, ora. Era restato solo; e da so solo, ora, doveva ajutarsi, difendersi; e non sapeva ancora, non vedeva come.

Così piangendo, no, intanto, di certo!

E Capolino sorse in piedi; si portò via, prima con le mani, poi a lungo, col fazzoletto, accuratamente, le lagrime dagli occhi, dal naso, dalle guance; si rimise le lenti cerchiate di tartaruga, e si presentò, fosco, severo, aggrondato, allo specchio dell’armadio.

Dio, come il suo viso era sbattuto, invecchiato in pochi giorni!

Il dolore? Che dolore? Egli non poteva riconoscere d’aver provato dolore.... se non forse or ora, un poco. Ma forse, ah forse in fondo egli ne aveva provato, doveva averne provato uno e ben grande, se a Roma, all’annunzio della sciagura, era stato accecato da quella rabbia, che lo aveva scagliato su Dianella Salvo.

Doveva pentirsi di quello scatto?

Si era con esso attirato per sempre l’odio, la nimicizia mortale del Salvo.

Ma se pur fosse riuscito a reprimersi in quel primo momento, a vietarsi la soddisfazione feroce di quella vendetta, che avrebbe ottenuto? A lui, restato solo, senza più la moglie, avrebbe forse Flaminio Salvo seguitato a dare ajuto e sostegno, per il rimorso e la complicità segreta nel sacrifizio di quella? Porse la figlia, già inferma, sarebbe impazzita anche senza quel suo scatto, al solo annunzio della morte del Costa. E allora? Flaminio Salvo avrebbe creduto di pagare già abbastanza con la pazzia della figliuola; e per lui non avrebbe avuto più alcuna considerazione; anzi lo avrebbe respinto da sè, come lo spettro