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Accorse, col volto inondato di lagrime, la cugina Lillina, mentre in fondo al salone Lando Laurentano e don Francesco Vella cercavano di far coraggio a Flaminio Salvo che, a quella, scena, s’era nascosto il volto con le mani, imprecando.
— Sì, Dianella, sii buona! sii buona! Ora lui li porterà.... ti porterà lui dove tu vuoi.... sii buona, cara, sii buona!
Ma Dianella, sentendo la voce del padre, invasa di nuovo dal terrore, aveva ripreso ad affondar la testa sul petto di Mauro e a riaggrapparsi a lui più freneticamente, urlando:
— Il lupo!... il lupo!...
— Ci sono qua io! Dov’è il lupo? — le gridò allora Mauro, ricingendola con le braccia. — Non abbiate paura! Ci sono io, qua!
— Vedi? c’è lui, ora! c’è lui! — le ripeteva Lillina.
E anche Ciccino e la zia Rosa le si fecero attorno a ripetere:
— C’è lui! Vedi che è venuto per te? per difenderti, cara?...
Levò, felice e tremante, il volto, appena appena, la poverina, a mostrare un sorriso di riconoscenza, e seguitò a spinger Mauro verso la porta:
— Sì.... sì.... da Aurelio.... da Aurelio....
Strozzato dalla commozione Mauro, così respinto indietro, tra quella gente che non conosceva e gli si stringeva attorno, domandò con rabbia:
— Ma, insomma, che è? com’è stato? che dice? dice Aurelio? Chi è? Il figlio di don Leonardo Costa? Ah, è lui.... quello che hanno assassinato?
Con gli occhi, con le mani, tutti gli facevano cenno di tacere, e qualcuno gli rispondeva chinando il capo.