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a grossi caratteri, che prendeva cinque colonne di questa seconda pagina:

L’ECCIDIO D’ARAGONA IN SICILIA


e sotto, a caratteri più piccoli: Gli operai delle zolfare in rivolta — L’assalto alla vettura dell’ingegnere minerario Costa — Scene selvagge — Lo uccidono con la moglie del deputato Capolino e bruciano i cadaveri.

Corrado Selmi restò, oppresso d’orrore e di ribrezzo, con gli occhi fissi su quelle notizie. Comprese che per esse e non per lui era uscita quell’edizione straordinaria del giornale. La moglie del deputato Capolino? Egli l’aveva veduta a Girgenti, quando vi si era recato per sostenere la candidatura di Roberto Auriti e assistere il Verònica nel duello col marito di lei. Bellissima donna!... Uccisa? E come si trovava ella in vettura, ad Aragona, con quell’ingegnere? Ah, partita da Roma con lui.... Una fuga?... Era l’ingegnere del Salvo.... Gli operai delle zolfare si recavano in colonna dal paese alla stazione, risoluti a non farlo entrare, se da Roma non portava l’assicurazione che le promesse sarebbero state mantenute.... Oh guarda.... quel Préola.... Marco Préola, quel miserabile che Roberto Auriti aveva scaraventato contro l’uscio a vetri nella redazione del giornalucolo clericale.... capitanava lui, adesso, quella turba selvaggia di facinorosi.... li incitava all’assalto della vettura, al macello. Ah, vili! colpire una donna.... Il Costa sparava.... e allora....

Il Selmi non potè leggere più oltre; restò, nel raccapriccio, col giornale aperto tra le mani, soffocato, attossicato dalla nausea di quella strage; e gli parve di sentirsi investito dal feroce affanno di tutto un popolo inselvaggito, ebbro di sangue. Appallottò