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lo apriva; ne traeva una boccetta, e.... Istintivamente, s’era cacciata una mano nel taschino del panciotto, ov’era la chiave di quello stipetto. Cosa strana: pensava ora allo specchio, a un piccolo specchio ovale, appeso accanto a quello stipetto, al quale egli non avrebbe dovuto volger lo sguardo, per non vedersi. Ma pure, ecco, si vedeva: sì, in quello specchio, con la boccetta in mano: vedeva l’espressione de’ suoi occhi, ridente, quasi non credessero ch’egli avrebbe fatto quella cosa. No! Prima doveva scrivere e suggellare una dichiarazione per l’Auriti: poche righe, esplicite. Non meritavano gli accusatori un suo ultimo sfogo. Due righe soltanto, per salvar l’amico, già in carcere.

I nemici.... — ma quali? quanti erano? Tutti! Possibile? Tutti gli amici di jeri. Tutti e nessuno, a prenderli a parte. Che nulla egli aveva fatto a nessuno di loro, perchè le liete accoglienze di jeri si convertissero così d’un tratto in tanta alienazione d’animi, in tanta ostilità. Ma era il momento, la furia cieca del momento, che s’abbatteva su lui, che in lui trovava la preda, e lo abbrancava, ecco, e lo sbranava in un attimo.

Ah come andava lenta quella vettura! Parve a Corrado Selmi, ch’essa gli prolungasse con dispettosa ferocia l’agonia.

— Non sono in casa per nessuno, — disse a Pietro, il vecchio servo che stava da tanti anni con lui.

E il primo suo moto, entrando in camera, fu verso quello stipetto. Si trattenne. Pensò alla dichiarazione da scrivere. Ma pur volle prendere prima la boccetta e, senza guardarla, la recò con sè alla scrivania dello studio. Restò un pezzo lì in piedi, come sospeso in cerca di qualche cosa, che s’era proposto di fare e a cui non pensava più. Istintivamente,