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che aveva accompagnato sempre tutti gli atti della sua vita, anche i più gravi e i più rischiosi, s’era tramutato in quella triste smorfia dura e amara? Ebbe di nuovo paura di sè: paura di assumer coscienza precisa di un certo che oscuro e orrendo che gli s’era cacciato all’improvviso nel fondo dell’essere e glielo scompigliava, dandogli quell’impressione d’esser come squarciato dentro, irrimediabilmnte.

E per ricomporre comunque la compagine del suo essere, per vincere il ribrezzo e l’orrore di quell’impressione, si guardò attorno, quasi chiedendo sostegno e conforto ai noti aspetti delle cose. Gli parvero anche questi cangiati e come evanescenti. Sentì, con terrore, che non gli era più possibile ristabilire una relazione qual si fosse tra so e tutto ciò che lo circondava. Sì, poteva guardare; ma che vedeva? poteva parlare; ma che dire? poteva muoversi; ma dove andare?

Parlò, tanto per udire il suono della sua voce; e gli parve anch’esso cangiato. Disse:

— Che faccio?

Sapeva bene quel che gli restava da fare. Ma nello schiacciar con la lingua contro il palato le due c di faccio, non avvertì altro che l’annodatura della lingua e l’amarezza aspra della bocca; e rimase col viso disgustato e arcigno.

— No, — soggiunse. — Prima.... che altro?

Qualunque altra cosa gli apparve inutile, vana.

Poteva soltanto, ancor per poco, per passarsi la voglia e darsi così fuor fuori uno sfogo, dire e fare sciocchezze. Pensare seriamente, agire seriamente non avrebbe potuto, se non a costo di cedere al proposito oscuro e violento, che stava a distruggergli dentro tutti gli elementi della vita. Baloccarsi po-