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Capitolo Terzo.


Gli occhiali serii.


L’on. Ignazio Capolino non capiva nei panni dalla gioja. Migliaja d’operai, nel suo collegio, inferociti dalla fame per la chiusura delle zolfare del Salvo, minacciavano tumulti, rapina, incendi, strage; Aurelio Salvo, esposto all’ira di quelli per le promesse fatte a nome del Salvo, fremeva d’indignazione alle lepide ciance di S. E. il Sottosegretario di Stato al Ministero d’agricoltura; egli gongolava beato dell’insperata affabilità, del tratto confidenziale, da vecchio amico, con cui quella sotto-eccellenza lo aveva accolto.

Chiedendo per il Costa quell’udienza, aveva temuto che l’ostentato prestigio, la vantata amicizia personale coi membri del Governo, messi alla prova, avrebbero sofferto la più affliggente mortificazione; e invece.... Ma sì, ma sì, matti da legare, benissimo! nemici dell’ordine sociale, quei solfarai là! gente facinorosa, ma sì! esaltata da quattro impostori degni della forca! Misure estreme? d’estremo rigore? ma sì! benissimo! Non ci voleva altro.... Viso fermo, già! polso duro! Umanità.... ah sicuro.... fin dov’era