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dista.... Non so neppur tenere l’ago in mano; imparerò!... Maestra, governante, istitutrice.... Lasci fare a me! Lei ora se ne vada. Mi lasci sola con questo bel tomo! A rivederla.
E, preso Antonio sotto il braccio, scappò via.
— Fammi veder Roma!
Ma che vedere! Non poteva veder nulla, col cervello in subbuglio. Parlava, parlava, e gli occhi le sfavillavano, ardenti, sotto quel cappellino dalla piuma spavalda; le labbra accese le fremevano, e rideva senz’ombra di malizia a tutti quelli che si voltavano a mirarla.
— Nino, senti, — gli disse a un certo punto, piano, in un orecchio. — Portami lontano.... in un punto solitario.... lontano.... Io debbo cantare!... Ho bisogno di sentir come canto.... Se fosse vero! Tu ci credi? Ah, se fosse vero, Nino mio! Andiamo, andiamo.... Il Tevere è lontano? Portami a vedere il Tevere, e là canterò.
Seguitò a cinguettare per tutta la via. Gli disse che per forza lei, prima di diventare un soprano, un contralto celebre, per forza doveva trovar marito, dato quel brutto cognome che l’affliggeva.
— Celsina, va bene; ma Pigna! ti pare! impossibile! Vediamo un po’, mettiamo.... Celsina.... come? Celsina Del Re? Oh Dio, mio! Le mie opinioni politiche.... Del re? io sono socialista!... Impossibile, Nino! non posso esser tua moglie, è fatale! Ma tu del resto non mi vuoi.... Ahi ahi, no! mi hai fatto un livido nel braccio.... Mi vuoi? E allora Celsina Del Re, e non se ne parli più! Celsina di Sua Maestà.... è buffo, sai?... di Sua Maestà Antonio I.
Arrivarono, ch’era già il tramonto, di là dal recinto militare, in prossimità del Poligono, su la sponda destra del Tevere. Monte Mario drizzava il