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Carmen 83

correva su per Toledo — senza dirgli una parola, nè rivolgergli un’occhiata, quasi non pensasse più a lui, o subisse ancor essa lo strano imbarazzo di quell’incontro, di quel silenzio, dell’oscurità che li avvolse tutti e due a un tratto nello stesso mistero e nella stessa tentazione, appena il legno svoltò pel corso Vittorio Emanuele — o sapesse che ciò doveva bastare a mettergli nel cuore, a lui, nelle carni, incancellabile, la febbre dì quell’occasione che fuggiva rapida, la sete di quelle labbra di donna che si celavano nell’ombra, il turbamento di quella sfinge che rimaneva per lui impenetrabile, nello stesso tempo che gli palpitava allato. — Degli angeli godono così di sfiorare la colpa colle loro ali candide — ed essa non era un angelo, no, povera signora! Talchè quando lo presentò ai suoi amici che l’accoglievano festanti: — Il tenente Aldini! — con un’aria di trionfo, quasi avesse detto: — Ecco il Figliuol Prodigo! — era così pallido e stralunato, il povero Figliuol Prodigo, e come abbagliato dalla piena luce del salotto, o dalla fiamma ch’essa gli aveva accesa in cuore! Ed essa aveva davvero qualcosa dello spirito del male, in quel momento, nel sorriso ironico, nell’aria strana, nel pallore marmoreo del volto, nell’allegria forzata colla