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82 I ricordi del Capitano D'Arce

di folla glielo mise di nuovo faccia a faccia, all’uscire dal Sannazzaro.

Ma gli stese la mano senza rancore. Poscia, mentre aspettava la carrozza, stretta nella pelliccia, e con quell’aria di stanchezza e di noia che feceva scappare la gente, soggiunse:

— M’accompagni. Servirà ad insegnarle la strada... quando vorrà venire a farmi una visita. Troveremo qualche amico a casa... degli amici suoi e miei, per prendere il thè insieme... se non ha paura che l’avveleni come la Lucrezia Borgia di stasera... una Lucrezia tremenda, da morir di noia!...

Fu in tal modo che lo prese, — come, per fargli posto nel legnetto, aveva preso e raccolto a due mani il suo vestito, — e lo avvolse fra le pieghe di esso, e lo stordì col suo profumo, allorché la pelliccia, scivolandole giù per le spalle, gli buttò al viso e alla testa la trasparenza di quegli omeri rosei — senza volerlo, quasi senza avvedersene, in quell’ora di uggia e d’umor nero che l’avrebbe fatta dar della testa nell’imbottitura del coupé, e che egli le leggeva sul viso smorto, mentre guardava distrattamente attraverso il cristallo, ai bagliori fugaci che gettavano le vetrine scintillanti dentro la carrozza che