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58 I ricordi del Capitano D'Arce

battere il rivale incognito ch’era inutile cercare, ch’ella non avrebbe confessato giammai, e che non osava forse confessare a sè stessa, ancora. Una voce gli diceva all’orecchio, a lui pure: È inutile, tutto ciò che farai aggraverà i tuoi torti di geloso che ha dei diritti, ed è diventato un ostacolo. Non potrai essere con lei nè magnanimo, nè dispotico, e neanche innamorato, quasi. Se minacci t’avvilisci, e se piangi sei ridicolo. L’ultimo di cotesti imbecilli che le fanno la corte ha un gran vantaggio su di te. Non puoi mostrarti a lei nè umile, nè minaccioso, nè indifferente, nè sospettoso. Comunque ella ti risponda, sdegnosa, o docile, o tranquilla, o timida, ti butterà egualmente in faccia un rimprovero, un’accusa, una di quelle parole che rompono braccia e gambe, e fanno chinare il capo: — Seccatore! — Bisogna umiliarti colle finzioni, scendere alle indagini tortuose, rassegnarti al supplizio stesso che hai inflitto al marito di lei: la pena del taglione, il castigo di Dio, poiché c’è una giustizia lassù anche per queste cose: e diventare odioso come un marito, peggio ancora, perché tu sei legato a lei soltanto da quel vincolo ch’essa vorrebbe mettersi sotto i piedi. Tu non hai la scusa della famiglia e dello scandalo da evitare, quando non hai il